IL SISTEMA IMMUNITARIO: IL LUNGO CAMMINO VERSO LA SUA SCOPERTA E I PRODOTTI NATURALI PER RAFFORZARLOArticoli correlati: |
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Questo argomento richiede una premessa in quanto è talmente complesso e vasto, che per illustrarlo in modo appropriato ed esaustivo richiederebbe ben altro che un breve articolo divulgativo: cercherò perciò di illustrarne i concetti basilari in modo il più possibile chiaro e semplice, senza addentrarmi troppo nei particolari.
La scoperta del sistema immunitario e la nascita dell'immunologia Il genere umano, fin dalla sua comparsa sulla Terra ha iniziato a organizzarsi in comunità e ha dovuto convivere con le malattie, e dalla notte dei tempi ha cercato di capire perché ci si ammala, attribuendo in origine le cause delle malattie ai più svariati motivi, come la teoria dei "miasmi", o lo squilibrio dei quattro "umori" (bile nera, bile gialla, flegma e sangue), o di natura soprannaturale come i castighi divini per punire i peccati dell'umanità, o l'influenza degli astri, o l'azione di particolari soggetti, gli untori, che diffondevano la peste, come durante le epidemie di peste nera a metà del XVI secolo, o quella di peste bubbonica nel 1630 (chiamata anche "peste manzoniana", perché descritta dal Manzoni nei "Promessi Sposi"), o le epidemie di colera nel 1910-11, o ancora la "spagnola" pochi anni dopo verso la fine della prima guerra mondiale, che imperversava seguendo gli spostamenti delle truppe nei vari fronti europei. Queste credenze sono durate secoli, prima che finalmente si arrivasse, col progresso della tecnologia e della scienza medica, alla scoperta dei microbi: il primo a osservare i batteri mediante l'uso di un microscopio fu un ottico e naturalista olandese, Antoni van Leeuwenhoek nel 1676, che li chiamò "animalcula" cioè "piccoli animali", avendo compreso che si trattava di esseri viventi. Un altro pioniere della batteriologia fu l'anatomista, patologo e zoologo Friederich Gustav Jacob Henle, che nel suo trattato "Von den Miasmen und Kontagien" poneva le prime basi teoriche della probabile esistenza di germi patogeni. Il suo allievo Robert Koch ne sviluppò le ipotesi, e, insieme al chimico e microbiologo Louis Pasteur, vissuti a metà del 1800, sono considerati i fondatori della microbiologia, la scienza che fu determinante per capire la natura delle malattie, per opera dei germi patogeni che si potevano osservare col microscopio, e che segnarono il progresso della salute pubblica anche per il conseguente miglioramento dell'igiene. Prima ancora, alla fine del 1700, il medico di campagna britannico Edward Jenner sviluppò un metodo per sconfiggere il vaiolo (Variola virus) che decimava la popolazione europea, ideando una "vaccinazione" che prese tale nome dalle vacche, che servirono per realizzare una sorta di primo "vaccino" mediante l'inoculazione del virus del vaiolo bovino, molto meno grave della variante umana, che provocava nelle mungitrici che le accudivano una malattia più blanda e produceva nei soggetti colpiti una immunità verso il vaiolo umano, molto più grave e spesso letale. Jenner tuttavia non conosceva la causa del fenomeno, in quanto allora non era ancora nota l'esistenza dei microbi, tuttavia le sue intuizioni posero le basi per gli studi successivi che chiarirono la natura delle malattie infettive favorendo il progredire dell'immunologia, la branca della biologia e della medicina che studia il sistema immunitario, cioè l'insieme delle funzioni difensive fisiologiche dell'organismo contro le infezioni, e le relazioni che intercorrono fra gli attacchi microbici e le reazioni immunitarie che lo inducono a generare gli anticorpi (proteine con funzione difensiva prodotte dal sistema immunitario, chiamate anche immunoglobuline) in risposta alla presenza di un antigene (sostanza estranea al sistema immunitario ritenuta pericolosa da esso, che stimola la produzione di antagonisti, o anticorpi). Questa branca della medicina studia inoltre il comportamento anomalo del sistema immunitario alterato di alcuni individui, che si rivolge contro le proprie cellule, innescando quelle che vengono definite "malattie autoimmuni". Ma procediamo dagli esordi di questi studi, che partono dalla considerazione che ogni individuo possiede una sua particolare peculiarità, che lo distingue da tutti gli altri. Esaminando un organismo vivente, alla base della sua struttura troviamo gli atomi, che raggruppati insieme formano le molecole, le quali riunendosi vanno a formare le cellule, e le cellule organizzate in tessuti, organi, apparati, formano il corpo di ciascuno. Questo significa forse che ogni organismo è identico a tutti gli altri? Ovviamente questo non corrisponde al vero, infatti oggi sappiamo che le nostre cellule contengono nel nucleo, la parte che costituisce quello che si può definire il "cervello" della cellula stessa, i cromosomi, cioè le strutture che custodiscono al loro interno il DNA (Acido DesossiriboNucleico), che possiede tutte le informazioni peculiari e assolutamente uniche per la vita cellulare, e dell'organismo nel suo complesso, proprie di ciascun essere vivente, essere umano incluso. Il DNA dei cromosomi è composto da sequenze di "geni" (=segmenti di DNA), che contengono tutte le informazioni relative a ogni organismo e che costituiscono il suo individuale e peculiare "codice genetico", o "genoma": dai geni e dal codice genetico che ciascuno di noi ha ereditato dai propri genitori, dipende ogni aspetto di un individuo, dal colore degli occhi, dei capelli, della pelle, o l'altezza, ma anche la sua fisiologia e il mantenimento funzionale dell'organismo. L'individuo non è la semplice risultante di una miscela casuale dei caratteri dei propri genitori, ma acquisisce caratteristiche e tratti peculiari in base ai singoli geni ereditati, nell'unica e particolare combinazione che si è determinata. Ciascun individuo possiede nelle sue cellule circa 25.000 geni, in buona parte condivisi con altri animali, e perfino con piante e funghi. Ma alcuni di questi geni sono del tutto particolari, non influiscono sull'aspetto esteriore, variano fortemente da individuo a individuo, e costituiscono quella che possiamo definire la nostra "firma molecolare" che rende unico ciascuno di noi: sono i geni del sistema immunitario e in particolare i "geni della compatibilità" e rappresentano ciò che rende originale e irripetibile ogni individuo e lo distingue da ogni altro in termini biochimici, e ci fa comprendere l'eccezionale importanza dell'unicità che contraddistingue ciascuno di noi. Questi pochi "geni della compatibilità", appena lo 0,1 % del totale, sono proprio quelli che variano di più da una persona all'altra, e rappresentano una sorta di "marchio molecolare" che caratterizza ogni singolo individuo. La scoperta dei geni della compatibilità è avvenuta dopo molti decenni di studio e pazienti e difficili ricerche, a cui una moltitudine di scienziati (fra cui molti premi Nobel) ha dedicato la vita attraverso tanti anni di studio e applicazione, tramite ipotesi, intuizioni, deduzioni, fallimenti, successi, delusioni, a volte eventi casuali, o improvvisi "colpi di genio" e di creatività, che negli anni hanno condotto alla loro scoperta, e proprio la loro peculiarità è stata alla base della loro identificazione. Infatti è in base all'azione di questi particolari geni che sono scaturite molte informazioni sul funzionamento del nostro sistema immunitario, su come il corpo sia in grado di riconoscere ciò che è parte di noi, da ciò che non ci appartiene, come i microbi, o anche il sangue, tessuti e organi appartenenti al corpo di qualcun altro, come avviene durante le aggressioni da parte di batteri, virus, funghi, parassiti, che possono dare origine a malattie, o nelle trasfusioni di sangue (non compatibile), e nei trapianti di pelle o di organi (non compatibili), che provocano una reazione di "rigetto" verso tali corpi estranei. Gli scienziati sono dunque giunti all'importante concetto che spiega la presenza e la funzione di questi pochi geni, che ci consentono di distinguere il "self" dal "non self", che nel linguaggio dell'immunologia significa che ogni organismo riconosce le molecole proprie (self - sé), distinguendole da quelle estranee (non self - non sé). Perché ci si può ammalare Ecco perché dal contatto con germi patogeni il sistema immunitario si attiva per difendere l'organismo, il self, aggredendo l'agente infettivo, non-self, per contrastare l'instaurarsi della malattia. Ma la reazione avviene anche in caso di trasfusioni di sangue, o un trapianto di tessuti o di organi causando il rigetto, se il sangue, i tessuti o gli organi trapiantati provengono da un donatore le cui caratteristiche molecolari non sono compatibili con il ricevente: ed ecco il motivo per cui tali peculiari geni sono stati chiamati "geni della compatibilità". Questo concetto è basilare in quanto significa che in ognuno di noi ciascun gene può essere classificato in base alla sua capacità di stabilire la sensibilità o la resistenza a una certa malattia, e ciò dipende dall'unicità dell'individuo, nel quale una piccola quantità di geni, quelli della compatibilità appunto, sono i segni caratteristici impressi su tutte le cellule e stabiliscono il suo marchio molecolare, che viene riconosciuto come tale dal suo sistema immunitario. Per schematizzare e meglio comprendere il complesso meccanismo del sistema immunitario, in modo convenzionale si dice che l'organismo possiede due tipi di barriere difensive, quella dell'"immunità innata" (o aspecifica) e quella della "immunità acquisita" (o adattativa), fra loro collegate e interconnesse. Immunità innata L'immunità innata, detta anche immunità naturale congenita, presente fin dalla nascita e non attivata dal contatto con un agente aggressore, è rappresentata dalle difese ancestrali sviluppate nel corso dell'evoluzione e che rappresentano la protezione che l'organismo mette in atto come prima linea difensiva. E' il sistema più antico comune a tutti gli organismi pluricellulari, che si avvale di una protezione biologica mediante cellule specifiche, i recettori dell'immunità innata o PRR= Pattern Recognition Receptors, capaci di legarsi solo ai patogeni, presenti nei liquidi organici e in grado di fornire una risposta immediata a qualunque segnale di pericolo, come una infezione, o la morte di alcune cellule, realizzando un meccanismo immunitario molto più antico a livello evolutivo e più semplice rispetto a quello rappresentato dall'immunità acquisita, che descriveremo fra breve. Le cellule PRR fanno parte dei globuli bianchi ed entrano in gioco nei processi infiammatori, si attivano in seguito all'invasione di microbi e sono specifiche per neutralizzare cellule bersaglio fagocitandole (fagociti = cellule specializzate che inglobano e distruggono i batteri o altri microbi, dal greco phaghein = mangiare), come cellule danneggiate o infettate da virus o batteri, o da cellule alterate che possono preludere alla formazione di tumori, senza peraltro attaccare le cellule sane. Oltre che attraverso una protezione biologica, l'immunità innata si esplica anche per mezzo di barriere chimico-fisiche, come la pelle, le membrane mucose di bocca, naso e orecchie, e le secrezioni fluide come la saliva e le lacrime (che contengono lisozima), e inoltre tramite cellule e proteine antimicrobiche che intervengono regolando la risposta infiammatoria, che rappresenta una reazione difensiva innescata da un determinato non-self. Tali prime barriere difensive dell'immunità innata entrano in funzione durante una infezione e la controllano in attesa che l'immunità adattativa sopraggiunga, quando necessario, ad attuare una risposta più specifica. Questo meccanismo difensivo primario si attiva in modo rapido (ore), in quanto i diversi tipi di cellule di difesa percepiscono i "segnali di pericolo" costituiti da tessuti danneggiati, metaboliti dei batteri, coagulazione del sangue, ecc. e accorrono liberando nuove molecole che richiamano altre cellule dell'immunità naturale e aumentano l'irrorazione della zona colpita, possono limitare la carica microbica favorendo, in alcuni casi, il risanamento del danno che si era instaurato nel tessuto attaccato. Ma in altri casi l'immunità innata attenua l'infezione per qualche giorno, ossia finché non interviene l'azione più specifica e mirata dell'immunità acquisita, che per mezzo dei linfociti B e T elimina il problema definitivamente fornendo una protezione durevole. L'immunità innata, che si ipotizza costituisca la percentuale maggiore delle difese immunitarie (circa il 95% è attribuibile all'immunità innata), è però capace di riconoscere un numero limitato di recettori, delegando la difesa più ampia all'immunità acquisita, cioè la seconda e più specifica linea di difesa del corpo. Immunità adattativa o acquisita L'immunità acquisita, o immunità specifica o adattativa, presente solo nei vertebrati, è rappresentata dalla risposta dell'organismo dopo l'incontro di un agente patogeno specifico, anche se in modo più lento rispetto all'immunità innata (giorni), che attiva i linfociti B e T, cellule specializzate caratterizzate dalla specificità dei recettori coinvolti, che producono anticorpi o molecole infiammatorie solo e soltanto se si tratta di agenti patogeni (= non self, e mai contro il self), di cui l'organismo conserva la memoria e che lo rende capace di riconoscere un gran numero di configurazioni molecolari dei patogeni già incontrati, e lo renderà quindi pronto ad intervenire, stavolta in modo rapido ed efficace, nei loro confronti: la memoria è la caratteristica principale che distingue l'immunità adattativa e consente di difendersi in modo mirato verso patogeni ormai noti all'organismo, in caso di una nuova infezione: questo rappresenta anche la base su cui si fondano i vaccini, i quali, mediante una infezione attenuata o altri meccanismi, fanno produrre all'organismo anticorpi durevoli che lo proteggeranno da ulteriori aggressioni dello stesso agente patogeno. I due tipi di immunità non sono slegati fra loro, ma interagiscono e si potenziano vicendevolmente mediante meccanismi strettamente connessi, rendendo più efficace la risposta immunitaria: l'immunità innata comprende barriere fisiche, chimiche e biologiche che costituiscono una prima rapida linea di difesa, che sarà in grado in un secondo tempo di attivare, se necessario, l'immunità adattativa, la quale, a differenza dell'immunità innata, può riconoscere una miriade di molecole diverse appartenenti a numerosi agenti patogeni, innescando una difesa specifica mediante l'attivazione dei linfociti che restano come una sorta di "memoria" del sistema immunitario, come se avvenisse una "schedatura" di tutti i germi incontrati di cui resta il ricordo nell'organismo, che sarà diventato immune, cioè capace successivamente di contrastare e superare agevolmente un'altra eventuale infezione da parte dello stesso agente patogeno, senza sviluppare la malattia. E' interessante notare che molti studi sull'immunità vennero effettuati studiando i moscerini della frutta (Drosophila melanogaster), così come molti altri studi sui cromosomi, i geni, il DNA, ecc. Da circa 100 anni la Drosophila è stata studiata come organismo modello, facile da studiare poiché possiede solo 4 paia di cromosomi (l'uomo ne ha 46, 23 paia), ha un ciclo di vita di soli 15 giorni che dà la possibilità di ottenere molte generazioni in poco tempo. E' fonte di stupore che due forme di vita così dissimili, insetti ed esseri umani, condividano un patrimonio genetico comune per combattere le malattie: gli studi sulla Drosofila portarono a scoprire nell'insetto un gene chiamato Toll (in tedesco "pazzesco"), simile a un gene umano, quello del recettore dell'interleuchina, una citochina prodotta dai linfociti coinvolta nei meccanismi immunitari. Perché alcuni guariscono e altri soccombono L'azione dei geni della compatibilità è determinante per stabilire se un organismo guarirà da una certa malattia e con quale velocità, e questo vale per quasi tutte le malattie, che sono sottoposte al vaglio dei geni della compatibilità. Questo è il motivo per il quale, a fronte di uno stesso agente patogeno, come ad esempio l'attuale coronavirus Sars-CoV-2 responsabile della pandemia (dal greco pan = tutto e demos = popolo) Covid-19, la reazione di ogni organismo può variare manifestando una diversa suscettibilità all'infezione e alla patologia: alcuni reagiscono senza dare alcun segno della malattia perché le sue difese prevalgono sul patogeno, che però è presente nel suo corpo (i cosiddetti positivi asintomatici); altri manifestano una reazione patologica di bassa gravità, superata dalle sue difese che portano poi alla guarigione, seppure con qualche disturbo residuo; in altri ancora invece la malattia si manifesta in modo grave, ed è superata lasciando conseguenze anche pesanti che possono permanere a lungo; infine alcuni non riescono a superare l'infezione, specie in presenza di età avanzata e gravi patologie concomitanti, e soccombono. Perciò ciascuno di noi affronta ogni patologia secondo le difese che il suo organismo possiede, in relazione ai geni della compatibilità: ma non si può dire che un organismo sia superiore ad un altro, o che un individuo sconfigge le malattie meglio di un altro; in realtà ciascuno di noi è più attrezzato per contrastare alcune malattie, mentre altre patologie possono essere per noi insuperabili, mentre l'altro le affronta meglio. C'è quindi un equilibrio regolato da un complesso insieme di fattori, e ciascuno possiede il suo personale e irripetibile sistema di difesa immunitaria. In generale si può affermare che una maggiore variabilità genetica nella popolazione produce una maggiore capacità di adattamento e di sopravvivenza, in caso di eventi particolari o variazioni ambientali (considerate le cause remote alla base dell'evoluzione delle specie). Ovviamente, con l'attuale sviluppo della scienza medica e della medicina moderna ogni individuo potrà essere supportato dalle cure mediche e dagli attuali farmaci disponibili, oltre che dai vaccini che servono a renderci immuni verso molte patologie. I vaccini riescono a proteggere indirettamente, se estesi alla maggior parte della popolazione, anche quelle persone che, per una fragilità immunitaria intrinseca, l'età avanzata, e/o le eventuali altre patologie coesistenti che aggravano il quadro generale, risultano maggiormente suscettibili verso molte infezioni, o non possono effettuare la vaccinazione, realizzando quella che viene definita "immunità di gregge". Si verificano inoltre casi in cui la presenza di una mutazione genetica porta inevitabilmente a subire gli effetti di una particolare malattia, e questo vale per tutte le malattie genetiche, così definite proprio perché sono causate da variazioni anomale, o mutazioni, di uno o più geni, anche se la medicina moderna sta riuscendo ad affrontare gradualmente anche questo problema, mediante l'ingegneria genetica che riesce a sostituire nella sequenza cromosomica alterata, i geni difettosi con geni "normali" che eliminano l'anomalia portando alla guarigione, come avviene già attualmente per la beta-talassemia o anemia mediterranea, che grazie alla terapia genica potrà essere curata con successo, rendendo i pazienti indipendenti e non più obbligati alle trasfusioni di sangue. Come l'organismo riesce a difendersi Ma in che modo l'organismo riesce a riconoscere il "non self" rispetto al "self" per non aggredire insieme all'elemento estraneo anche le proprie cellule? Abbiamo detto che il sistema immunitario reagisce alla presenza di una molecola estranea mediante la formazione di "anticorpi" da parte dei linfociti, cellule specializzate che risiedono soprattutto nei tessuti linfatici (linfonodi, midollo osseo, milza, timo, tonsille e adenoidi, appendice): per ogni singola molecola "non self" che entra nel corpo, esiste una cellula immunitaria in grado di produrre un anticorpo conformato per aderire solo a quella cellula estranea per distruggerla; questa cellula immunitaria poi si moltiplica generando innumerevoli cloni di se stessa, che saranno in grado di produrre tutti gli anticorpi necessari a debellare le molecole estranee pericolose o l'agente patogeno anche se si è riprodotto. A questo punto sorge la domanda: come fa il corpo a riconoscere il "self" per non attaccarlo? Gli scienziati sono giunti a capire che un organo del sistema linfatico, con funzione di ghiandola endocrina, chiamato timo, posto al di sopra del cuore dietro lo sterno, e che fino ad allora era stato considerato privo di interesse, era fondamentale all'interno del sistema immunitario per questa funzione di riconoscimento: il timo risultava pieno di cellule immunitarie morte, e sembrava che fosse una sorta di "cimitero" delle cellule immunitarie, che dopo avere espletato il loro compito venivano distrutte in questo organo. Ma in seguito si comprese la sua importanza in quanto le cellule immunitarie morte erano state uccise e segregate nel timo deliberatamente, perché potevano esser erroneamente attivate da molecole "self", perciò assai dannose per il corpo e quindi venivano eliminate nel timo. Infatti l'organismo produce in gran quantità le cellule immunitarie senza selezionarle, ma prima che ciascuna di esse venga messa in circolo per svolgere il suo compito di vigilanza, il timo controlla che non reagisca alle cellule e ai tessuti dello stesso organismo, cioè non sia dannosa per il "self" (autoreattività), nel qual caso la distrugge, mentre libera tutte le altre conformate per la difesa contro il "non self". E' rilevante il ruolo che i linfociti esercitano a livello dell'apparato intestinale, che rappresenta il punto di maggior concentrazione di cellule immunitarie di tutto l'organismo, e questo non deve sorprendere: nell'intestino giungono infatti oltre al cibo, un'infinità di molecole estranee come batteri, virus, parassiti, antigeni alimentari, farmaci, e altri composti chimici, che potrebbero in teoria scatenare la reazione contro il "non self", ma questo in realtà non avviene in quanto un particolare tipo di linfociti, definiti "linfociti T regolatori o soppressori" in parte prodotti nel timo, distinguono le sostanze dannose da quelle non dannose, e inoltre selezionano i batteri benefici della flora batterica intestinale (microbioma) da quelli nocivi, in base alla presenza dei metaboliti prodotti dai batteri stessi, i quali, se provengono dai batteri nocivi indesiderati, allertano il sistema immunitario che si attiva per difendere l'organismo dalla loro azione dannosa, a vantaggio dei batteri "buoni" del microbioma. Per mantenere alte tali difese è opportuno perciò cercare di sostenere e arricchire il microbioma con l'apporto di fermenti lattici probiotici, scelti fra quelli di comprovata qualità e resistenti all'acidità gastrica, preferibilmente associati a fibre prebiotiche che favoriscono la colonizzazione intestinale dei probiotici, specie dopo l'assunzione di farmaci antibiotici, che possono avere alterato la composizione e l'efficienza del microbioma. Dopo l'avvento delle moderne norme igieniche tuttavia, è possibile che il microbioma umano abbia subito delle alterazioni, dovute al fatto che l'organismo viene in contatto con una quantità inferiore di germi patogeni, particolarmente nella prima infanzia, per cui potrebbe produrre, come conseguenza, anche un minor numero di linfociti T regolatori e pertanto una minore inibizione dell'attività immunitaria: questa è "l'ipotesi igienica" proposta nel 1989 da David Strachan (prof. di epidemiologia della St George's University di Londra), che cerca di spiegare l'aumento delle allergie, sia respiratorie come l'asma, che alimentari, e forse anche le malattie autoimmuni, con il minor contatto dei bambini ai microrganismi, contatto precoce che invece avrebbe potuto contribuire a uno sviluppo più appropriato del sistema immunitario, il quale mostrerebbe così una carenza nella tolleranza immunitaria. Ovviamente la maggiore igiene ha portato anche una diminuzione delle malattie infettive, perciò non è in discussione: solo bisognerebbe evitare di far crescere i bambini piccoli in ambienti troppo protetti e "sterili", mettendoli eventualmente a contatto con gli ambienti naturali e con animali come gatti o cani, in modo da stimolare il loro sistema immunitario ad uno sviluppo più armonico. Malattie autoimmuni Una anomalia fisiopatologica del meccanismo di controllo della autoreattività è alla base delle malattie autoimmuni, le cui cause precise sono ancora sconosciute, ma che consistono in una reazione di risposta amplificata e impropria del sistema immunitario, che non riconoscendo come "self" cellule sane, tessuti o organi del corpo, li scambia per "non self" e perciò li aggredisce, determinando la malattia a seconda del distretto coinvolto, che può essere la pelle, i tessuti connettivi, le ghiandole endocrine (es. tiroide, pancreas), le articolazioni, i muscoli, il sistema nervoso, ecc. L'incidenza delle malattie autoimmuni aumenta con l'età e sembra che con l'invecchiamento il sistema immunitario inizi a funzionare male, per diverse anomalie che cominciano a manifestarsi a livello del DNA, e anche perché il timo, l'organo importantissimo per l'immunità di cui abbiamo parlato, mentre funziona al massimo in gioventù, con l'età subisce un ridimensionamento, fino a funzionare a un livello pari all'1-5 % rispetto all'infanzia. Sono stati individuati circa 80 tipi diversi di malattie autoimmuni, fra le quali le più note sono il diabete di tipo1, l'artrite reumatoide, la sclerosi multipla, il lupus eritematoso sistemico, la sclerodermia, la psoriasi, la celiachia, la tiroidite di Hashimoto, le malattie infiammatorie intestinali, e molte altre. Altri fattori che influenzano le difese immunitarie C'è da fare una ulteriore considerazione: oggi sappiamo che le capacità difensive dell'organismo cambiano di continuo, infatti la loro efficacia varia nel corso del tempo anche in base alle influenze dei ritmi circadiani modulati come un metrònomo dall'orologio biologico di ciascuno, e può aumentare o diminuire poiché è influenzata da diversi fattori, quali lo stress, l'età, l'ora del giorno, il lavoro con turni, il sonno adeguato o insufficiente, e persino lo stato d'animo in una continua evoluzione e in un equilibrio transitorio. Lo stress in particolare può esercitare importanti ripercussioni sulla salute, in quanto il sistema immunitario e il sistema nervoso si condizionano vicendevolmente con una sorta di dialogo continuo, che influenza la salute per l'azione che esercita sulle secrezioni ormonali, particolarmente quelle prodotte dalle capsule surrenali che secernono il cortisolo, un ormone che aiuta l'organismo ad affrontare gli eventi stressanti e le situazioni logoranti, ma inducendo contestualmente un abbassamento delle difese immunitarie, specie se la situazione stressante è eccessiva o perdura a lungo, esercitando quindi un impatto negativo sulla salute, e dimostrando il collegamento fra stato mentale e sistema immunitario. Quindi una situazione stressante eccessiva e prolungata può indurre un indebolimento delle difese immunitarie, e aumentare il rischio di contrarre svariate malattie. E' frequente il caso di persone che patiscono l'improvviso manifestarsi dell'herpes zoster, o anche dell'herpes simplex, quando le loro difese immunitarie si abbassano per varie cause. E' noto che il riposo psicofisico migliora le naturali difese del corpo, lo stile di vita perciò può influire sul sistema immunitario: si è scoperto che la maggior parte delle funzioni immunitarie non dipende solo da fattori ereditari, ma che le condizioni di salute complessive di ogni individuo sono il risultato di una combinazione di elementi innati e altri acquisiti, che hanno un peso considerevole nella configurazione delle difese dell'organismo. Come sostenere le difese immunitarie con rimedi naturali Oltre all'influenza dell'ereditarietà, del corretto stile di vita in generale che comprenda anche dell'attività fisica, dell'alimentazione che non affatichi l'apparato digerente e fornisca tutti i nutrienti indispensabili, ciascuno può inoltre intervenire sul potenziamento delle proprie difese immunitarie mediante l'integrazione con sostanze antiossidanti, immunomodulatrici e anti-infettive che notoriamente sembrano supportare e rafforzare tali difese. Citiamo ad esempio la Lattoferrina, di cui abbiamo ampiamente parlato nel precedente articolo di Dicembre 2020, che sembra essere un promettente alleato naturale per accrescere le difese immunitarie; e inoltre la Quercitina, un bioflavonoide con proprietà antiossidanti che, contrastando lo stress ossidativo e l'eccesso di radicali liberi considerati i maggiori responsabili dell'invecchiamento e della degenerazione cellulare, aiuta a sostenere le difese immunitarie, a regolare i processi infiammatori, e da recenti studi sembra svolgere anche un'azione antivirale. Una importante classe di sostanze naturali con azione immunomodulatrice sono i betaglucani, polisaccaridi contenuti soprattutto nei funghi medicinali, usati da centinaia di anni all'interno del patrimonio di conoscenze della micoterapia nella Medicina Tradizionale Cinese e Giapponese, che vanta una storia millenaria nella prevenzione e cura di molte patologie; i funghi medicinali sono stati sottoposti a moderni studi che hanno confermato il loro potere terapeutico. I betaglucani durante il passaggio intestinale vengono riconosciuti come molecole non proprie (non self) da parte del sistema immunitario, che in tal modo si allerta preparandosi a contrastare eventuali microrganismi "invasori". Sono numerosi i funghi più noti e maggiormente utilizzati, spesso associati alla vitamina C preferibilmente naturale, estratta da Rosa canina o Acerola, che ne ottimizza l'assorbimento e contribuisce anche all'azione di sostegno immunitario. Il Reishi (Ganoderma lucidum), è considerato un rimedio adattogeno utile nel ripristinare l'equilibrio e la resistenza dell'organismo, la capacità di gestire lo stress psicofisico e favorire le sue naturali difese. Cordyceps L'Hericium erinaceus trova indicazione in particolare per sostenere la salute dell'apparato digerente, per i problemi dello stomaco e dell'intestino correlati a problemi del sistema nervoso, che tanto influisce su tali apparati. Il fungo Shiitake (Lentinula edodes) ha un elevato contenuto in polisaccaridi, fra cui il lentinan, un betaglucano ramificato che ha evidenziato importanti proprietà di modulazione delle difese organiche, mentre l'eritadenina è considerata il componente bioattivo più importante per il controllo del colesterolo ematico. Il Maitake (Grifola frondosa), tonico-adattogeno, fornisce terpenoidi con proprietà antimicrobiche e antinfiammatorie e betaglucani, e contribuisce a sostenere le naturali difese dell'organismo, a supportarne e mantenerne l'equilibrio, e regolare il sistema metabolico su grassi e glucidi ematici. Auricularia L'Auricularia auricula-judae è definito amico del cuore, ma è indicato anche come modulante delle difese immunitarie; il Poliporus umbellatus aumenta le difese ma aiuta anche a drenare i liquidi senza perdita di potassio. Il Chaga (Inonotus obliquus) è ricco di composti fenolici e polisaccaridici, oltre che dell'enzima antiossidante SOD (SuperOssidoDismutasi), che gli conferiscono proprietà immunostimolanti e antinfiammatorie. Infine, citiamo il Poria cocos, definito anche il "fungo del benessere mentale", dalle proprietà immunomodulatrici e depuratrici, utili per il normale equilibrio delle difese organiche che vengono riequilibrate e potenziate, e che svolge anche un effetto positivo sul sistema nervoso. Echinacea All'Astragalo (Astragalus membranaceus) sono attribuite proprietà toniche, adattogene e immunostimolanti. L'Uncaria (Uncaria tomentosa) contribuisce a potenziare le difese immunitarie, stimolandole e agendo anche come antinfettivo, antibatterico e antivirale nelle malattie a carico dell'apparato respiratorio, e con le sue proprietà antinfiammatorie è indicata come coadiuvante per l'artrite reumatoide (mentre è sconsigliata per altre malattie autoimmuni). Il Lapacho, o Pau d'arco (Tabebuia avellanedae), svolge un'azione depuratrice dagli scarti metabolici, regolatrice delle difese dell'organismo, e agisce favorevolmente sulla funzionalità delle prime vie respiratorie come prevenzione dagli attacchi microbici. Un prodotto naturale particolarmente interessante per difendere l'organismo è il miele di Manuka, contenente Metilgliossale (Methylglyoxal o MGO), dall'attività disinfettante e germicida contro batteri e virus, e immunomodulante. Emblica (Amla) Tra queste, citiamo innanzi tutto la Papaya (Carica papaya), il cui frutto acerbo subisce un processo di bio-fermentazione secondo la tradizione giapponese, che esalta le sue capacità antiossidanti. L'Amla (o Amalaki, Emblica officinalis) è antiossidante e potenzia le difese immunitarie. L'olio di semi di Melagrana è antiossidante, antinfiammatorio, antimicrobico; l'olio di Vinaccioli è antiossidante. L'estratto dei frutti di Sambuco (Sambucus nigra) è ricco di bioflavonoidi. Si utilizzano inoltre altri antiossidanti vegetali come l'estratto della corteccia di Pino marittimo (Pinus pinaster Aiton), ricco di proantocianidine oligomeriche (flavonoidi), i frutti di Goji, ricchi di polisaccaridi, e di Maqui, ricchi in polifenoli, e ancora le bacche di Açai ricche di sostanze fenoliche antiossidanti, o i frutti di Aronia (Aronia melanocarpa), contenente polifenoli, antocianosidi, e vitamina C. Alle piante possono essere abbinati anche gli oligoelementi Manganese, Zinco, Selenio, Rame, che contribuiscono alla normale funzione del sistema immunitario e alla protezione dallo stress ossidativo, e le vitamine A, C, E, tipicamente antiossidanti. Dott.ssa Marina Multineddu |
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