L'Hennè nero si ricava da diverse specie del genere Indigofera (Indigofera species: Indigofera tinctoria, Indigofera argentea, Indigofera anil, Indigofera arrecta), piante arbustive perenni appartenenti alla famiglia delle leguminosae (sinonimo di Fabaceae e di Papilionaceae) coltivate in Asia, particolarmente in India, in alcune regioni dell'Africa e nell'America Meridionale.
Il termine Indigòfera, che fu attribuito da Linneo nel 1753, deriva dal latino indigo=ìndaco e fero=porto, che significa "produco indaco", nome che evidenzia le proprietà tintorie delle piante, dalle quali si estrae il famoso "Indaco dei tintori", un colorante vegetale utilizzato un tempo per tingere tessuti come lana, seta, cotone, lino, juta; esso era usato anche come medicina, come cosmetico, e per produrre i colori utilizzati nelle tecniche pittoriche.
L'Indigofera non contiene il pigmento colorante Indaco, ma il suo precursore Indacano che, tramite un processo biologico di fermentazione batterica, subisce diverse trasformazioni chimiche che generano l'Indossile, una sostanza che per ossidazione spontanea con l'ossigeno dell'aria si trasforma in quel prezioso prodotto che va sotto il nome di Indaco, o Indigotina, o, in inglese, Indìgo, che corrisponde, nello spettro solare, ad uno dei colori dell'iride che si possono ammirare anche nell'arcobaleno, intermedio fra l'azzurro e il violetto.
In estremo oriente l'Indaco naturale era noto già da 4000 anni, ed era utilizzato particolarmente in India: è probabile perciò che l'etimologia del termine Indaco derivi proprio dalla sua origine indiana, dal greco antico Indikon e dal latino Indicum= dell'India, da cui deriva anche l'inglese Indìgo.
Dall'oriente l'uso dell'Indaco si diffuse anche in Europa, dove soppiantò l'uso del Guado (Isatis tinctòria); all'inizio del XX secolo l'Indaco naturale fu quasi totalmente sostituito, per tingere le stoffe, da quello prodotto per mezzo di sintesi chimica (Indaco sintetico), ma ancora oggi i Tuareg, una popolazione nomade che vive nel deserto del Sahara, utilizzano tradizionalmente l'Indaco per tingere la tunica, il turbante e il velo che cela il viso; questi indumenti lasciano sulla pelle un alone bluastro, e forse per questo essi sono conosciuti col nome di "Uomini blu".
Proprietà e Indicazioni
Le diverse specie di Indigofera, oltre che come coloranti per i tessuti, erano utilizzate per tingere i capelli, e quest'uso si è protratto fino ai giorni nostri: a questo scopo si adopera la polvere ottenuta macinando foglie di Indigofera impastata con acqua calda più un cucchiaino di sale che aiuta a fissare il colore. L'Indigofera è chiamata, seppur erroneamente, Hennè nero (o Rang), poiché conferisce ai capelli castani e bruni tonalità più scure, quasi nere con riflessi blu se lo si applica di frequente; il colore tende a scurire ancora per alcune ore dopo l'applicazione, ma la colorazione ottenuta non è stabile ai lavaggi, infatti scolorisce fino a scomparire completamente se si interrompono le applicazioni.
L'Hennè nero si può usare anche per tingere i capelli bianchi, ma a questo scopo sono necessarie due applicazioni consecutive perché possa scurire bene i capelli, che con la prima sola applicazione diventeranno verde-bluastro; anche in questo caso il colore non è stabile ai lavaggi.
L'Hennè nero può essere miscelato anche all'
Hennè rosso naturale (Lawsonia inermis, il vero Hennè) per mitigare il rosso rame acceso, quasi color carota, che l'Hennè rosso conferisce ai capelli bianchi e biondi; questa miscela deve essere applicata ogni 20 giorni circa, per ottenere un colore rosso-mogano ed evitare che l'Hennè nero, scolorendo, faccia affiorare il rosso acceso dell'Hennè rosso.
Oltre a tingere i capelli, l'Hennè nero possiede discrete proprietà curative su cute e capelli. Le sue molecole formano sulla superficie dei capelli una guaina protettiva che avvolge e chiude le scaglie della cuticola esterna, rendendoli più corposi e lucenti, senza però legarsi intimamente alla struttura proteica delle squame cheratiniche più esterne, come avviene con la Lawsonia inermis: per questo l'Hennè nero è meno resistente ai lavaggi.
Esso ha anche un'azione antibatterica, sebo-equlibrante, antiforfora, e sembra che favorisca la crescita dei capelli.
L'Hennè nero può essere utilizzato anche per fare tatuaggi temporanei, con risultati piuttosto modesti, poiché il tatuaggio risulterà di un colore bruno-verdastro, anche se dopo alcune ore per ossidazione scurirà un poco; la sua scarsa resistenza al lavaggio, inoltre, lo farà scolorire in tempi abbastanza brevi.