Il Verbasco, Verbascum thapsus, è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Scrophulariaceae, originaria dell'Europa e di alcune parti dell'Asia, chiamata anche Barbasco o Tassobarbasso, o "pianta di velluto" per la sua soffice peluria. Anticamente era detto "candela del re", per l'usanza diffusa fra i Romani di utilizzare il suo alto fusto essiccato come torcia.
Il nome di genere Verbascum deriva forse da barbàscum = barbuto, probabilmente riferito alla pelosità delle foglie tomentose, ricoperte da una peluria lanosa biancastra o giallastra.
Il Verbasco è una pianta erbacea biennale, che giunge a maturità nel secondo anno. Alta da 50 cm fino a 2 metri, nel primo anno produce una rosetta di grandi foglie basali molli, densamente tomentose, mentre nel secondo anno emette al centro della rosetta un fusto robusto, alto e rigido, coperto di grandi foglie dotate di abbondante e morbida pelosità bianco-giallastra, che rimpiccioliscono salendo verso l'apice, che termina con una lunga spiga apicale fiorita e ramificata con fitti e grandi fiori giallo oro, molto appariscente. Cresce dal mare alle zone submontane fino a 700/800 metri di altitudine, soprattutto nei terreni incolti, prati e pascoli, al margine dei campi coltivati, anche su terreni pietrosi e calcarei ben soleggiati.
La pianta è presente come simbolo dell'arte in alcuni quadri di Caravaggio, che hanno come soggetto S. Giovanni Battista (Musei Capitolini di Roma, di Toledo e di Kansas City).
Il Manzoni la cita nei Promessi Sposi come erba infestante che ha invaso la vigna trascurata di Renzo: "il tasso barbasso, con le sue gran foglie lanose a terra, e lo stelo dritto all'aria, e le lunghe spighe sparse e come stellate di vivi fiori gialli".
Proprietà e Indicazioni
Le parti officinali della pianta sono le sommità fiorite comprendenti i fiori e le piccole foglie apicali, che si raccolgono nel tempo balsamico che va da luglio ad agosto, quando i fiori non sono ancora del tutto sbocciati. Le proprietà medicinali sono esplicate dai principi attivi quali
polifenoli, mucillagini, saponine,
flavonoidi, glucosidi iridoidi (aucubina, arpagoside), e tracce di
olio essenziale. I semi sono tossici.
Le proprietà officinali attribuite al Verbasco sono soprattutto quelle utili per l'apparato respiratorio, in quanto favorisce la funzionalità delle mucose polmonari con un'azione lenitiva,
emolliente,
bechica, fluidificante delle secrezioni ed
espettorante (
mucolitica); agisce inoltre come emolliente per il sistema digerente, oltre a favorire il benessere mentale in presenza di stati ansiosi, agitazione nervosa e conseguenti alterazioni del sonno. Per tali finalità si utilizza in infusione, assumendone 2-3 tazze al giorno.
L'infuso delle foglie produce una bevanda piacevole, rinfrescante, mucillaginosa, utile per calmare la tosse e i problemi polmonari, per bronchite, laringite, tracheite, asma, raffreddore, oltre che come emolliente per la mucosa gastrica, e come sedativo e calmante nervoso.
L'infuso va filtrato accuratamente per eliminare la peluria di cui la pianta è ricoperta.
Si può utilizzare l'oleolito dei fiori per uso esterno come antibatterico, lenitivo in caso di dolori auricolari, nel trattamento di
ulcere alle mucose della bocca e per le gengive infiammate. Un impiastro di foglie decotte può alleviare scottature, ulcere e infiammazioni della pelle, foruncoli, geloni, piccole
piaghe o ferite, e come
cataplasma per lenire le
emorroidi e come antinfiammatorio cutaneo.
Il Verbasco entra a far parte anche dei rimedi della medicina
Ayurvedica indiana contro la tosse, e inoltre anche anticamente i fiori erano utilizzati tradizionalmente dalla medicina popolare in infuso per le malattie dell'apparato respiratorio, irritazione della gola, tosse con catarro, oltre che per le infiammazioni gastrointestinali e, per uso esterno, per scottature, infiammazione di pelle e mucose,
acne, mastiti, e per lenire le emorroidi. Anticamente era utilizzato anche come cosmetico per rendere i capelli brillanti e valorizzare il colore biondo; con i fiori si preparava un unguento utile per curare i geloni, e le foglie fresche contuse si ponevano sulle ferite come
cicatrizzanti.